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Chi avrebbe ipotizzato nei primi anni 70 un'Italia multietnica come è quella che va progressivamente affermandosi? Chi poteva prevedere che saremmo vissuti in un Paese con oltre quattro milioni di stranieri regolari, cui si sommano alcune centinaia di migliaia di 'illegalmente presenti' nel variegato universo dell'immigrazione extracomunitaria? E ancora, chi nel 1974, proclamato anno mondiale della popolazione in un clima di 'bombe demografiche' che non risparmiavano neppure l'Italia, avrebbe scommesso sul raggiungimento della crescita zero nell'arco di un paio di decenni? E soprattutto, chi avrebbe avuto l'audacia di prospettare i cambiamenti strutturali che si sono poi verificati? Pensiamo non tanto al quasi raddoppio degli anziani o al quadruplicarsi degli ultra 85enni ma piuttosto alla rarefazione dei giovani: oggi ben 6 milioni in meno rispetto al 1971, nonostante la presenza di altrettanti milioni di abitanti in più. Questi sono alcuni degli interrogativi a cui risponde il Rapporto sulla Demografia realizzato dalla CEI, la cui proposta è di rilanciare una riflessione che, a partire da un'oggettiva conoscenza circa la natura e l'intensità delle trasformazioni in atto, giunga a identificare i tempi e le azioni per restituire al Paese quella 'voglia di futuro' che nelle generazioni del nostro tempo sembra essersi progressivamente affievolita.